Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta

Copertina Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta

Dalla Prefazione di Terenzio Cozzi

John Maynard Keynes credeva nella forza delle idee con un’intensità rara. Colpisce che la sua opera maggiore, questa pietra miliare del pensiero economico che è la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (apparsa nel gennaio 1936), si apra e si chiuda sulla capacità che hanno le idee di plasmare il mondo. […]

Come rileggere oggi la Teoria generale, quest’opera per tanti versi fondativa della macroeconomia contemporanea? L’invito giusto potrebbe essere quello di rileggerla per quello che in effetti è, un grande classico della storia del pensiero. Un classico non dissimile a ben vedere, per certi risvolti, alla Ricchezza delle nazioni di Smith, un libro che si sviluppa lungo vari registri, dove l’economia si sposa a una visione della società e si congiunge a una filosofia sociale. Keynes si poneva dinanzi al problema economico con lo stesso atteggiamento dei classici, cioè con l’intenzione di comprendere e rendere conto per intero della sua configurazione complessiva, secondo una prospettiva unitaria. Una “teoria generale”, appunto, in cui le grandezze economiche vengono ricondotte a una logica d’insieme mediante l’analisi dei nessi che le fanno interagire. Nello stesso tempo, il libro di Keynes è dominato dallo sforzo di offrire un’interpretazione teorica in grado non soltanto di cogliere la natura profonda della realtà economica del capitalismo del suo tempo, ma di indicare le terapie e gli strumenti tali da correggerne le distorsioni e le contraddizioni.

Un tema su tutti si impone all’attenzione del lettore di ieri e di oggi: la convinzione che il movimento economico debba essere consapevolmente indirizzato verso un fine, la piena occupazione. Il ragionamento di Keynes trova un senso solo all’interno di questa tensione finalistica: l’attività economica può essere difesa e giustificata a patto di essere rivolta in direzione di un fine riconosciuto come universalmente giusto. Altrimenti, essa torna a divenire un gioco cieco, in cui i meccanismi della speculazione finiscono per rivelarsi per quello che sono, una spinta che induce alla distruzione della risorsa.